Smart Working: immaginare scenari e applicazioni ibride

Smart Working: immaginare scenari e applicazioni ibride

Il 4 maggio inizierà la Fase 2 e quasi 8 milioni di lavoratori attendono di rientrare a lavoro. Tuttavia non si tornerà a lavorare come un tempo. Si drovrà convivere ancora per parecchi mesi con il virus. In questo scenario in cui si prediligerà il distanziamento sociale per ridurre il rischio di diffusione del Coronavirus, lo Smart Working continuerà ad essere comunque la modalità più diffusa di lavorare, potenziato e reso ancora più efficace. Infatti, il DPCM del 26 aprile appena pubblicato dal governo raccomanda “il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”.

D’altronde lo Smart Working sembrerebbe essere al centro della strategia della task force guidata da Vittorio Colao (si tratta del team di esperti che affianca il comitato scientifico e il Governo nella gestione della emergenza Coronavirus, ndr.) diventando così il perno di questa fase successiva, rendendolo addirittura obbligatorio per alcune aziende.

In particolare a dover pensare a delle misure ad hoc sono le grandi aziende, in cui ogni giorno transita un numero cospicuo di dipendenti: è infatti necessario individuare il numero massimo di dipendenti che possono accedere contemporaneamente alla sede, valutando la possibilità di mantenere le distanze di sicurezza in funzione degli spazi a disposizione e gli ingressi scaglionati. Va da sé che la restante parte dei lavoratori lavorerà in Smart Working.

Per la Fase 2 sono previste però delle importanti novità che per esempio riguardano il diritto alla disconnessione, come ha sottolineato la ministra Fabiana Dadone lo scorso martedì 28 aprile in audizione alla Camera. Il diritto alla disconnessione era già stato stabilito dalla legge 81/2017 che norma il lavoro agile.

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